giovedì 14 maggio 2020

Il Crreping attachment negli innesti epitelio-connettivali

Una situazione clinica assai frequente è la presenza di recessioni gengivali, dai pazienti a volte percepita come "malattia parodontale" ("Ho le gengive che si ritirano"), a volte non percepita nella sua importanza.

La gengiva aderente, cheratinizzata, necessita di essere ben rappresentata: un buon livello di salute è tale sui 5 mm.
Sotto i 2 mm essa va "rinforzata", e la procedura sicuramente più semplice e predicibile è l'Innesto libero epitelio-connettivale.

Semplice perchè il prelievo di un "francobollo" di tessuto dal palato è meno artificioso di un prelievo esclusivamente connettivale, nonchè molto meno rischioso per non incorrere nel rischio della recisione di rami dell'arteria palatina maggiore.
Predicibile, perchè con la tecnica da noi utilizzata i successi sono prossimi al 100%.

La causa della recessione va individuata nella presenza di deiscenze o di fenestrazioni della corticale vestibolare dei denti in questione.
Spesso le manovre di igiene scorrette (spazzolino con setole troppo abrasive, movimenti di spazzolamento orizzontali eseguiti con forza), che magari in un biotipo spesso comportano pochi o minimi danni, in un biotipo sottile può creare danni notevoli. possono favorire il danno.

Una caratteristica è che la gengiva cheratinizzata ha una "memoria biologica": ovvero, se adeguatamente spessa, tende a riposizionarsi dove la natura aveva previsto (purchè si modifichino le manovre di igiene dopo l'innesto)

Alcune volte ci è capitato di assistere, dove la Gengiva Cheratinizzata era si recessa, ma era presente ancora una discreta banda, ad un riposizionamento coronale spontaneo.

Purtroppo non tutte le recessioni sono "ricopribili", come avviene nelle Classi 3 e 4 di Miller




TECNICA UTILIZZATA

La tecnica da Noi utilizzata è la tecnica che non prevede suture (tranne in rari casi in cui viene ancorato il lembo scollato per preparare il letto ricevente, al periostio sottostante, ma non l'innesto), perchè viene utilizzata la Colla di Fibrina opportunamente diluita secondo la Tecnica Corrente/Abundo, i miei maestri nella chirurgia.



PREPARAZIONE DEL LETTO RICEVENTE
Orizzontalmente all'apice della recessione vengono eseguite due piccole incisioni sovraperiostali, seguite ognuna da un'incisione di scarico verticale.


Il lembo viene molto dlicatamente scollato "a mezzo spessore", cioè lasciando il periostio in sede.
Nel contesto della preparazione del sito, è opportuno recidere frenuli e tessuto muscolare eventualmente presente.
Come detto sopra, in rari casi può essere utile ancorare con un filo da sutura 5-0 il lempo al periostio, affincheè non mobilizzi, inficiando l'innesto incollato nelle prime ore dalla sua apposizione.


PRELIEVO PALATINO
In zona premolare-molare, comunque dietro le pliche palatine, viene disegnato con la lama del bisturi un "francobollo" di tessuto da prelevare, equivalente alla dimensione del letto ricevente. Eventualmente è meglio abbondare salvo rifinirlo con la lama per alloggiarlo correttamente al sito ricevente.


Lo spessore deve essere calibrato sul biotipo del tessuto cheratinizzato adiacente.
E' un prelievo sicuro, in quanto non occorre andare troppo in profondità nel connettivo, e quindi non si corre il rischio di lesionare l'Arteria Palatina Maggiore, come può capitare quando si effettua un prelievo connettivo puro.


E' opportuno omogeneizzare al massimo il tessuto prelevato, spremendolo conuna garza per far fuoriuscire eventuali microcoaguli,  e rimuovere eventuali lobuli di tessuto adiposo, che inficierebbe l'incollaggio.


INCOLLAGGIO
A questo punto entra in gioco la Colla di Fibrina.
Essa non si utilizza pura, ma la componente trombina viene diluita in rapporto 1:10.
Si preme per circa due minuti, avendo cura, al termine, di controllare la stabilità dell'innesto.



Per maggiori delucidazioni consiglio di visitare il sito https://www.dentalmedtv.it ai seguenti indirizzi:
https://www.dentalmedtv.it/prof/video/pay-per-view/pay-per-view/come-diluire-correttamente-110-la-colla-di-fibrina
https://www.dentalmedtv.it/prof/video/pay-per-view/pay-per-view/l-utilizzo-della-colla-di-fibrina-in-chirurgia-parodontale-e-implantare

GUARIGIONE
In circa 7-10 giorni, l'innesto va in necrosi, ma contestualmente inizia la rigenerazione del tessuto cheratinizzato, che si stabilizza progressivamente nel tempo.


A distanza di alcuni mesi, anni, addirittura in alcuni casi si può evidenziare come esso abbia la potenzialità di migrare coronalmente dino a ricoprire la recessione, compatibilmente con la Classe di Miller trattata.
Fino alla seconda classe è possibile una ricopertura del 100%.

Nel caso qui esposto, vediamo come nel lasso di tempo di due anni la recessione trattata venga ricoperta quasi completamente (trattavasi di una Miller III)








ALTRI CASI


CASO 2



CASO 3




CASO 4



CASO 5




CASO 6





CASO 7









Luci dell'alba dietro l'Everest





martedì 7 aprile 2020

Guargione di lesione endo-parodontale.


Come conseguenza di una necrosi dentaria, si viene a formare una paradentite apicale, frutto di una risposta immunitaria, che attraverso il rilascio di citokine attivanti la linea cellulare osteoclastica, comporta il riassorbimento dell'osso apicale, una vera e propria osteite.

Spesso una lesione apicale, il ben noto e volgarmente detto "granuloma" , rimane silente nel tempo, clinicamente asintomatico,  e viene evidenziato occasionlmente mediante esami radiografici.
E' una situazione clinica da non sottovalutare, in quanto possibile concausa di malattie reumatiche e in relazione con il mantenimento di malattie autoimmunitarie.

In alcuni casi l'osteite, per fenomeni di suppurazione, dà origine a pus, che tramite un tragitto fistoloso si apre verso l'esterno.

Inoltre, in alcuni casi, si crea una continuità tra i tessuti periapicali e quelli parodontali, per cui si può venire a formare una tasca parodontale, a volte attiva,  con tutte le sue caratteristiche (profondità di sondaggio e sanguinamento) verificabili.
E' la cosiddetta "lesione endo-parodontale".


E' il caso di questa ragazza di 11 anni, M.N.

La paziente ha lamentato la comparsa di una "pustolina" da cui usciva pus saltuariamente tragli apici di 22 e 23, e in concomitanza della fuoriuoscita di esso, il dolore sottostante, mai troppo acuto, regrediva.
Questa situazione è perdurata per circa 6 mesi.

Giunta alla Nostra osservazione, risultava dall'anamnesi un trauma contusivo rimediato qualche anno addietro in suddetta zona.

Il dente 22 presentava una modica mobilità (grado 1), non discromia, non dolore significativo alla percussione, ed un test al freddo dubbio. Non mostrava sensibilità al caldo.
Data la maggiore mobilità abbiamo deciso di splintare 22 a 21.
Data la situazione di dubbio, abbiamo
anche pensato che la (poca, comunque) sensibilità al freddo dipendesse dalla sensibilità degli elementi contigui, sicuramente vitali.





Il quadro radiografico mostrava una appena evidente e dubbiamente non inequivocabile lesione periapicale osteoaddensante (più frequntemente si constata una quadro di osteorarefazione), e la fistolografia indirizzava verso il parodonto del 23 contiguo.






Veniva performato anche il sondaggio parodontale che evidenziava profondità di sondaggio di 13 mm sia distalmente al 22 che mesialmente al 23, con BOP+ (sanguinamento).
Questo comportava ulteriore incertezza diagnostica, data anche la sensibilità dubbia a carico di 23 dopo test al freddo.

Il dubbio era: eseguire la terapia canalare ad entrambi gli elementi, con la certezza di fare un overtreatment, oppure attendere qualche giorno e ripetere tutti i tests diagnostici?
Eseguire una levigatura radicolare o aprire un lembo esplorativo?
Sin dall'inizio (mi sono anche consultato con un amico collega di grande esperienza e competenza presso cui anni addietro frequentai il Corso di Parodontologia che avrebbe segnato una svolta alla mia carriera professionale), ho valutato di adire verso una terrapia parodontale solo dopo aver superato la fase endodontica, confidando che essa da sola fosse sufficiente a risolvere il quadro clinico.

Dopo alcuni giorni, data la mobilità maggiore di 22, si è quindi optato per un "Test di cavità", cioè procedere con la turbina senza anestesia verso la cavità pulpare.
La camera pulpare è stata raggiunta senza provocare dolore, quindi la diagnosi di necrosi dentaria si è rivelata corretta. Conseguentemente abbiamo assunto che il sondaggio parodontale dipendesse dalla lesione endodontica, che estendendosi sia al parodonto di 22 che al parodonto di 23,  configurasse il chiaro quadro delle lesione endo-paro.

Strumentando il canale, si apprezzava odore di gangrena.
Dopo accurato lavaggio con ipoclorito di sodio e strumentazione mediante tecnica mista (strumenti mauali/rotanti in NiTi) sotto diga, abbiamo eseguto medicazione intermedia mediante Idrossido di calcio, per favorire l'apecificazione di un apice beante (al forame apicale si impegnava il file #60).

Il trattamento endodontico è iniziato a marzo 2017, e la terapia canalare è stata completata nel gennaio 2018.

Alcuni mesi dopo, periodo in cui è guarita la fistola, residuando una piccola cicatrice discromica sulla mucosa orale vestibolare, sono rientrato per terminare la terapia canalare, verificando il restringimento del lume apicale, da permettere un perfetto sigillo endodontico, mediante tecnica ad onda di condensazione a caldo della guttaperca.

Controllo a 2 mesi dalla medicazione

Controllo a novembre 2017
(9 mesi dopo la medicazione; riassorbimento importante dell'idrossido di calcio)
I parametri parodontali di tasca sono rientrati




Anche la radiografia endorale confermava una regressione della lesione endodontica iniziale.



La guargione apicale ha condotto anche alla guargione parodontale, per cui il sondaggio ora rivelava la misurazione di tre millimetri, senza evidenza di sanguinamento indotto; anche la mobilità è rientrata ed il dente ora mostrava la mobilità fisiologica pertinente ad un parodonto sano.

La situazione viene ora mantenuta sotto controllo semestrale clinico e annuale radiografico.

E la ragazzina non rischia più di rimanere priva di un incisivo laterale a 11 anni.


giovedì 29 settembre 2016

Impianti sottocrestali, platform switching e apposizione di osso coronale









E' noto che quando si utilizzano monconi aventi lo stesso diametro dell'impianto, all'atto della protesizzazione, si riforma l'ampiezza biologica, che corrisponde, radiologicamente e clinicamente, ad un cono di riassorbimento osseo coronale.

Tuttavia, Lazzara e Porter nel 2006 (Platform switching: a new concept in implant dentistry  
for controlling postoperative crestal bone levels   Int J Perio Rest Dent 2006; 26:9-17) notarono  come, se al posto del moncone avente stesso diametro dell'impianto si utilizzava un moncone più stretto, "switchato", tale cono di riassorbimento non si formava.
Il motivo è nel fatto che per quanto minimo sia il gap tra piattaforma implantare e moncone (nell'ordine di micron), esiste sempre una zona di irritazione che obbliga i tessuti a riposizionarsi più apicalmente, da cui il cono di riassorbimento suddetto.

In particolare, mediante l'utilizzo di impianti posizionati 0.5-1 mm sottocrestali, quindi con il colletto non liscio ma interamente in titanio etchato si può addirittura assistere ad APPOSIZIONE di osso soprala piattaforma dell'impianto, permettendo così, congiuntamente ad una corretta gestione dei tessuti molli periimplantari (collare di gengiva cheratinizzata) una migliore percentuale di successo e non solo di sopravvivenza implantare.

Tale tecnica è resa possibile mediante l'utilizzo di impianti ETK Naturactis, nati per essere posizionati sottocrestali e per consentire questa apposizione ossea.


In questo caso clinico come si evince dalla radiografia eseguita a sei mesi di distanza dal carico, non solo è assente il cono di riassorbimento ma si può evidenziare una notevole apposizione ossea coronale.

L'impianto, un Naturactis lungo 10 mm e largo 4, è stato posizionato effettuando contestualmente un rialzo del seno mascellare sec. Summers con osteotomi.
La guarigione dell'impianto è avvenuta sottogengivale e in seconda chirurgia è stata apposta vite tappo transmucosa, incrementando l'altezza del tessuto cheratinizzato periimplantare mediante lembo a mezzo spessore riposizionato apicalmente  L'abbondanza di gengiva cheratinizzata che ne è risultata ha dovuto richiedere una chirurgia correttiva mediante elettrobisturi (contouring estetico). Quindi il moncone, a connessione conometrica e switchato, è stato protesizzato mediante corona in lega aurea e ceramica.

venerdì 29 aprile 2016

Rigenerazione tissutale guidata (GTR) in lesione parodontale grave su molare

La paziente, di 42 anni, soffre di una forma aggressiva di parodontite diffusa su tutti i sestanti, compreso un impianto che ha avuto una importante periimplantite.

La nostra attenzione in questo caso si focalizza sulla tasca parodontale grave in corrispondenza di 3.6, primo molare inferiore di sinistra.

Il caso iniziale è documentato dalla figura 1, in cui si possono vedere il caso iniziale e la radiografia preliminare. Il dente presenta mobilità di grado 1 e sondaggi fino a 11 mm, BOP+.
Nonostante non si noti una significativa perdita di tessuto, dalla semplice ispezione visiva,  la tasca presenta un difetto a tre pareti.



Dopo la consueta terapia causale, viene quindi attuato attuato l'intervento chirurgico.
Nella figura 2 si può notare come si presentino i tessuti all'apertura del lembo (2a, 2b) e dopo accurate manovre di root planing, mediante ultrasuoni (2d) e curettes manuali (2e), che prevedono anche la completa rimozione del tessuto di granulazione che riempie la tasca.
Si noti in particolare nella figura (2c) l'abbondante presenza di tartaro radicolare sottogengivale, aspetto causale della patologia.



Nela figura 3 si nota come si presentano i tessuti duri e molli dopo accurata toeletta chirurgica (3a).
Viene successivamente eseguita un'osteoplastica correttiva per armonizzare le parabole ossee mediante strumenti rotanti (3b) e successivamente mediante il più raffinato ausilio dell' Unita Piezosurgery (3c). Infine le radici vengono ulteriormente allisciate mediante getto a pressione di polvere di  glicina (Perioflow) (3d).
I lembi vengono passivati per poter coprire successivamente l'innesto (3e).



Nella figura 4 sono descritte le fasi dell'innesto per la GTR.
Dapprima viene sagomata una pellicola di carta stagnola sterile sul sito che accoglierà l'innesto di osso demineralizzato di origine suina (4b,4c,4d), per poter sagomare correttamente la membrana in Vycril che coprirà tale innesto (4a,4e)).
L'intervento termina con la sutura mediante filo in Vycril 5-0 con punti a materassaio orizzontali modificati sec. Gottlow e verticali.



Nella figura 5 si può notare il risultato a 12 e 18 mesi: c'è una completa stabilità dei tessuti duri e molli, una significativa riduzione della profondità di sondaggio e l'assenza di sanguinamento al sondaggio.
Il tutto documentato mediante radiografia endorale circa la rigenerazione ossea avvenuta.






venerdì 11 marzo 2016

La guarigione delle lesioni endodontiche

Cos'è una lesione endodontica?

E' un'infezione dell'apice dentario, dovuta alla necrosi della polpa dentaria. Nella terminologia comune essa viene indicata con il nome di "Granuloma".
E' a tutti gli effetti un'osteite, ovvero l'osso di supporto del dente viene sostituito da un tessuto molle di granulazione, un tessuto infiammatorio.

Per quale motivo la polpa del dente muore?
Le cause possono essere diverse: una carie penetrante oppure un trauma, oppure un'infezione a partenza dal parodonto che induce necrosi retrograda.

Nel caso presentato la causa è di origine incerta, probabilmente un trauma di cui il paziente, 25 anni, non ricorda.

Si può notare un'area radiografica di radiotrasparenza in prossimità dell'apice che si estende in senso apico coronale. Essendo necrotico il dente, il nervo non trasmette più gli stimoli termici, per cui, in seguito alla stimolazione al freddo o al caldo, non si ha nessuna risposta. E' presente invece una leggera sensibilità dolorifica alla percussione.
Va notato che la necrosi è stata diagnosticata occasionalmente senza che il paziente riferisse alcun disturbo specifico, in seguito all'esecuzione di una Ortopantomografia.



E' necessario curare lesioni siffatte, in quanto potenzialmente causa di ascesso o di ulteriore estensione del tessuto granulomatoso, che ridurrebbe la possibilità di poter eventualmente sostituire l'elemento dentario con un impianto a meno di interventi di chirurgia rigenerativa.
Ma, in ogni caso, se curabile e recuperabile, è sempre meglio il dente naturale all'impianto.


QUALE CURA APPORTARE

La lesione endodontica va curata mediante Terapia canalare, che comunemente viene chiamata "devitalizzazione".
Essa consiste nell'aprire la cavità pulpare per permettere l'asportazione dei detriti necrotici all'interno del canale, che rappresentano la causa della lesione osteitica.
nel fare questo, occorre rimuovere con strumenti appositi i residui necrotici di polpa fino all'apice dentario.
Per essere sicuri di una radicale disinfezione, condotta mediante instillazione di ipoclorito di sodio, ci si può avvalere di un rilevatore elettronico di apice che segnala la profondità a cui si arriva, congiuntamente all'esecuzione di una radiografia che ne confermi la precisione.



Una volta sicuri di raggiungere l'apice dentario, il canale viene alesato per rimuovere tutti i detriti residui, e sagomato per accogliere un cono di guttaperca termoplasticizzata che sigilli ermeticamente il canale, onde evitare il prolferare di batteri che alimentino la lesione.

Dopo circa 4 mesi, la bontà della cura eseguita determinerà la guarigione della lesione, che consiste nella riossificazione della stessa.




lunedì 5 ottobre 2015

SINDROME METABOLICA, ALIMENTAZIONE E PARODONTITE (a cura del Dr. Cristiano Daviso)






Negli ultimi anni si è focalizzato molto sul concetto di SINDROME METABOLICA.

Il motivo per cui molti studi e risorse sono stati impiegati per la ricerca clinica, è che questa sindrome riesce a spiegare tutta una serie di manifestazioni fisiopatologiche riconducibili ad un corretto approccio alimentare; quindi, se da un lato la sindrome è correlata ad aumentati rischi cardiovascolari (con conseguente aumentata mortalità), dall’altro può essere correggibile mediante l’accortezza di condurre un atteggiamento alimentare appropriato.

Chiariamo quindi cosa si intende per Sindrome metabolica.

La Sindrome consiste nella sua piena definizione in (Circulation 120:1640-1645, 2009):
  • adiposità addominale
  • dislipidemia (aumento dei trigliceridi e del colesterolo)
  • insulino-resistenza (e conseguentemente aumentato rischio di diabete)
  • ipertensione arteriosa
  • stato pro-trombotico (favorente la trombosi)
  • stato infiammatorio
  • fegato grasso

Tutte queste manifestazioni possono essere più o meno associate, in vari gradi.
Possono inoltre esister varie comorbidità, quali l’ovaio policistico, l'infertilità e disordini immunologici, oltre a svariate manifestazioni cliniche tuttora al vaglio della ricerca.

L’aspetto più importante, in termini sia di salute che di spesa pubblica, è che :
LA SINDROME METABOLICA E’ASSOCIATA AD UN MAGGIOR RISCHIO DI MALATTIA CARDIO-VASCOLARE DI TIPO TROMBOTICO, cioè espone ad un maggior rischio di infarto miocardico, e di ictus cerebrale (J Am Coll Cardiol 49:403-414, 2007; Am J Cardiol 93: 136-141, 2004)

La causa principale è da ritrovarsi in una alimentazione disequilibrata, in cui prevalga il carico di carboidrati, che è il motivo principale per cui viene prodotta dal pancreas una quantità crescente di insulina.
L’insulina ha un ruolo importantissimo, che è quello di favorire l’ingresso degli zuccheri circolanti nel sangue, dopo essere stati assunti nutrendosi, all’interno delle cellule per poter fornire energia a tutti i processi metabolici di cui le cellule vivono.
Il problema è che tanto più il pancreas è stimolato a produrre insulina, e quanta più insulina viene prodotta, questa è sempre meno efficace nell’espletare la sua funzione, e quindi il pancreas è stimolato a produrne sempre di più.
Si verifica allora uno stato di IPERINSULINISMO,
L’insulina in eccesso provoca l’aumento del deposito dei grassi, soprattutto a livello addominale, e quindi favorisce l’OBESITA’.




La Sindrome metabolica è associata ad un aumentato rischio di diabete, da 2 a 7 volte, in accordo a diversi studi condotti in merito (Diabetes Care, 1999, Diabetes 2002, Am J Epid 2002, Diab Res Clin Pract 2004, Circulation 2005, Arch Int Med 2005, Atherosclerosis 2006, JCEM 2006, Diabetes Care 2007).
Quindi obesità, diabete, e le conseguenze di questi, favoriscono l’aumentato rischio di malattia  cardiovascolare (Diabetes Care, 24:683,2001)


Gli obbiettivi terapeutici sono volti al ridurre in toto il rischio cardiovascolare.







L’ ALIMENTAZIONE

Oltre all’intervento terapeutico farmacologico (e quindi ricorrendo all’uso di ipoglicemizzanti orali, antiaggreganti, antilipidemici, antiipertensivi) è molto importante l’adozione di un corretto stile di vita, improntato ad ATTIVITA’ FISICA e ALIMENTAZIONE CORRETTA.

Un’alimentazione corretta ed un’attività fisica regolare sono innanzitutto in grado di PREVENIRE l’insorgenza della Sindrome metabolica.

A Sindrome metabolica conclamata, tuttavia è ancora possibile, entro certi limiti, arrivare ad una regressione dei vari sintomi, senza intervento farmacologico.

Uno degli aspetti patofisiologici legati alla Sindrome metabolica è lo STATO INFIAMMATORIO corporeo., associato ad aumentato rischio cardiovascolare, a riduzione dell’efficienza metabolica delle cellule ed al rischio tumorale.

Una dieta squilibrata può incrementare lo stato di acidosi legato all’infiammazione.

Occorre pertanto ridurre gli alimenti acidi, soprattutto i carboidrati (non necessariamente puri, ma presenti in svariati cibi o bevande, quali le bevande gassate, assolutamente da evitare), e favorire l’assunzione di alimenti alcalinizzanti.


A puro titolo di esempio viene di sopra riportata una tabella che cataloga i cibi in acidificanti ed alcalinizzanti

Un’altra accortezza è quella di assumere come minimo 2 litri di acqua al giorno, per diluire l’acidosi.

Ovviamente, affinché l’atteggiamento alimentare che si intende intraprendere non sia troppo limitativo (con conseguente rischio di un fallimento per mancata compliance a lungo termine), si può tollerare l’assunzione di carboidratii nelle prime ore del mattino (Cronodieta).
Infatti, nelle prime ore del mattino, l’attività dell’insulina favorente l’accumulo del grasso è contrastata dal picco di secrezione degli ormoni corticosteroidei (cortisolo).
Inoltre, l’aumentata attività diurna comporta un maggior consumo naturale di zuccheri, da richiedere meno azione insulinica.
Sono, in ogni caso, da preferire cereali integrali rispetto a quelli raffinati (pane integrale vs. pane bianco)
Per contro, alla sera, essendo rallentata l’attività consuma-zuccheri, sarà più facile avere azione liposintetica insulinica.
Alla sera sarà da preferire un regime alimentare proteico e fortemente alcalinizzante (per contrastare l’effetto acidogenico delle proteine).
I migliori alimenti alcalinizzanti sono le verdure crude.



PARODONTITE E SINDROME METABOLICA

Come dicevamo, lo stato infiammatorio è uno stato caratteristico della Sindrome metabolica.

Ogni focus infettivo è correlato ad un aumento dell’attività infiammatoria, dimostrabile con un aumenti dei valori della PCR (Proteina C reattiva) nel sangue.

La Parodontite è una malattia dell’attacco parodontale dei denti (ovvero quella struttura che ancora i denti all’osso mandibolare o mascellare), caratterizzata da un’infezione batterica e conseguentemente da un’infiammazione locale con ripercussioni sistemiche.
L’infiammazione locale comporta il riassorbimento osseo e la conseguente perdita degli elementi dentari.




La Malattia parodontale, o parodontite, vede come cause la predisposizione genetica ed il mancato controllo della placca dentaria.
La formazione di un biofilm batterico sull’interfaccia dente-gengiva è il fattore scatenante l’insorgenza della parodontite.
Concause possono essere lo stress, il fumo, e fattori locali quali restauri dentari incongrui.



Essendo una malattia cronica, non è possibile ottenere una guarigione: tuttavia è possibile curarla e tenerla sotto controllo, sia per avere benefici locali (mantenimento dei denti) che per i benefici sistemici (riduzione dell’infiammazione sistemica).

La terapia consiste nel sottoporsi a sedute di igiene professionale volte a rimuovere le cause (terapia causale) ed eventualmente ad interventi chirurgici.



La parodontite secondo alcuni autorevoli autori,
VA CONSIDERATA COME UN ASPETTO DELLA SINDROME METABOLICA 
(Nihimura F et al.,Periodontal disease as a part of the insulin resistance syndrome in diabetic patients J Int Acad Periodontol 2005;7: 16-20; Cornier MA et al.,The metabolic syndrome Endocr Rev 2008; 29:777-822; Nibali L et al., Association between Metabolic Syndrome and periodontitis: a systematic review and meta-analysis  J Clin Endocrinol Metab 2013; 98: 913)

Il movente patofisiologico è da considerarsi come un aumento dell’insulina e conseguentemente a quell’ insulinoresistenza, che come abbiamo visto prima, si correla alla sindrome metabolica (Genco RJ et al. A proposed model linking inflammation to obesity, diabetes and periodontal infections. J Periodontol 2005; 76:2075-84) .

Pertanto, l’assunzione di un corretto stile di vita, volto all’attività fisica, ad una corretta alimentazione e, per quanto concerne il nostro punto di vista, quello odontostomatologico,  in un’attenta e scrupolosa cura domiciliare e professionale dell’igiene orale.